Le patologie
Epatite A
L’epatite acuta A è sostenuta da un virus. Presenta incubazione più breve (15 giorni – 2 mesi) rispetto alla epatite virale B. La contagiosità elevata e la trasmissione è fecale-orale. È più diffusa nelle popolazioni a basso livello sanitario ed igienico. La via di contagio è orale, attraverso cibi contaminati. La prevenzione si attua con il rispetto di norme igieniche elementari (per esempio, il virus viene inattivato dalla bollitura dell’acqua). Il sintomo classico è rappresentato dall’ittero, che però compare in una piccola percentuale di casi, per cui molte forme passano inosservate: la malattia guarisce completamente nella maggior parte dei casi; dopo la guarigione compaiono gli anticorpi anti-virus A (IgG), che forniscono protezione per tutta la vita, e non ne conseguono forme croniche. La profilassi con gammaglobuline, indicata per le persone a contatto con i malati di epatite virale acuta A, è invece generalmente superflua nel contatto occasionale. La vaccinazione è oggi disponibile ed è indicata prima di viaggi in zone ad alto rischio.
Epatite C
L’epatite virale acuta C è sostenuta da un virus contagioso meno del virus B ma che segue le stesse vie di trasmissione. Viene riconosciuta nei soggetti politrasfusi e in coloro che, in passato, si sono sottoposti a interventi chirurgici o a trattamenti odontoiatrici, quando ancora ( prima del 1990) non era stato identificato il virus e non erano disponibili efficaci mezzi di prevenzione del contagio. Le modalità di trasmissione e i soggetti a rischio sono, in linea di massima, gli stessi dell’epatite virale B. Più frequentemente di altre epatiti virali decorre in maniera asintomatica. L’evoluzione verso una forma cronica è molto frequente e l’esito in cirrosi appare, qui, più probabile di quanto avvenga per la forma da virus B. È possibile anche, dopo l’evoluzione in cirrosi, una degenerazione neoplastica. L’alcol è assolutamente da evitare nei pazienti affetti da epatite C perchè può peggiorare l’epatopatia.
Epatite B
L’epatite virale acuta B è sostenuta da un virus. Ha un tempo di incubazione di 1-3 mesi e trasmissione parenterale. È caratterizzata dalla presenza nel sangue dell’antigene Australia (HBsAg) che è una componente della particella virale. Il contagio avviene con trasfusioni di sangue o emoderivati infetti (attualmente impossibile per il controllo accurato del sangue dei donatori), per inoculazione accidentale di piccole quantità di sangue infetto mediante siringhe, aghi, strumenti e apparecchiature sanitarie non sterilizzate (per esempio, agopuntura, tatuaggi, piercing, cure dentarie, manicure ecc.) o con uso di spazzolini da denti, rasoi, forbici di soggetti infetti, per contatto sessuale, per trasmissione del virus contenuto nel liquido seminale e nel secreto vaginale, per trasmissione da madre infetta al neonato al momento del parto. I sintomi della malattia sono aspecifici e sono simili a quelli delle epatiti di altra origine. L’ittero, che è il sintomo più caratteristico, è presente solo in una piccola parte dei casi. L’infezione quindi può passare inosservata. La malattia guarisce nella maggioranza dei casi e compaiono nel siero gli anticorpi contro l’HBsAg (IgG anti-HBsAg): in una variabile percentuale di pazienti, la malattia tende a cronicizzare, presentando vari quadri che vanno dall’epatite cronica alla cirrosi, con persistenza di HBsAg nel sangue.
Alcuni soggetti invece, dopo il contatto con il virus, non lo eliminano dall’organismo e diventano portatori cronici e potenzialmente infettivi, pur non presentando alcuna epatopatia (portatori “sani” dell’HBsAg). Tutti i pazienti positivi per l’HBsAg, nel caso dovessero affrontare chemioterapie o terapie immunosoppressive, devono essere trattati con farmaci anti-virali per prevenire la riacutizzazione dell’epatite B.
Prevenzione dell’epatite B
La prevenzione dell’epatite virale B si attua con il rispetto di opportune misure igieniche: è da sottolineare che la trasmissione ai conviventi è relativamente rara. In ogni caso, ai portatori di HBsAg si consiglia l’uso strettamente personale di spazzolini da denti, rasoi, pettini, forbici ecc., e l’uso di profilattici nei rapporti sessuali. È necessario che i portatori di HBsAg segnalino il loro stato in occasione di cure mediche o dentistiche in modo da consentire l’attuazione di ulteriori opportune misure di sterilizzazione. Per quanto riguarda la profilassi con gammaglobuline, risultano efficaci solo quelle “iperimmuni” cioè specifiche per l’epatite virale B, da eseguirsi entro 48 ore dal contagio: sono indicate particolarmente in soggetti con esposizione accidentale a sangue positivo per l’HBsAg.
È inoltre possibile effettuare la vaccinazione contro l’epatite virale B: essa è efficace, priva di effetti collaterali di rilievo, dura sufficientemente a lungo (fino a 8 anni, al termine dei quali un richiamo vaccinale prolunga l’immunità per altri 8 anni) ed è indicata nei soggetti ad alto rischio d’infezione, cioè medici e infermieri, neonati di madre positiva per l’HBsAg, partner di soggetti positivi per l’HBsAg e congiunti a stretto contatto, tossicodipendenti, persone che si prostituiscano, emodializzati, politrasfusi, residenti in istituti a regime di vita comunitario, viaggiatori in aree dove l’epatite virale B è più diffusa (Africa e Medio Oriente).
Cirrosi
Parenchima delimitate da tessuto connettivo, e sono formati dall’attività rigenerativa delle cellule epatiche: Cirrosi. E’ una malattia caratterizzata da un grave e irreversibile sovvertimento delle cellule epatiche, legato a fenomeni ampiamente diffusi di fibrosi e formazione di noduli. I noduli sono porzioni di essi variano di volume, in relazione alla causa, da micronoduli (meno di 3 mm) a macronoduli (più di 3 mm). La cirrosi è causata da un danno cronico e irreversibile degli epatociti con necrosi diffusa, deposizione di tessuto connettivo, distorsione del letto vascolare e rigenerazione del restante parenchima epatico. La cirrosi è il risultato finale di molti tipi di danno epatico. Il quadro clinico dipende dalle alterazioni anatomo-patologiche e dalla gravità del danno. Esistono molti tipi di cirrosi: alcolica, virale, biliare, cardiaca, metabolica, da farmaci, autoimmune, da causa sconosciuta. La cirrosi alcolica, detta anche cirrosi di Morgagni-Laennec, è la forma più comune nei paesi industrializzati: la causa principale è l’abuso alcolico. Le principali manifestazioni di lesioni epatiche da alcol comprendono la steatosi, l’epatite e la cirrosi stessa. La cirrosi virale è una complicazione dell’infezione cronica da virus dell’epatite B, C e D. La cirrosi biliare è il risultato di una prolungata ostruzione delle vie biliari intra-epatiche (come nella cirrosi biliare primitiva) o extra-epatiche (come nella colangite sclerosante, nelle stenosi postoperatorie del coledoco, nella atresia delle vie biliari). La cirrosi “cardiaca” è causata dall0 scompenso cardiaco congestizio: la stasi circolatoria del cuore destro a livello epatico porta a necrosi e fibrosi. La cirrosi metabolica può essere dovuta a diverse patologie, come l’emocromatosi, il morbo di Wilson, il deficit di alfa-1-antitripsina, la galattosemia, le malattie da accumulo di glicogeno e altre sindromi ereditarie. La cirrosi da farmaci può essere causata dagli stessi farmaci che causano epatite, come metildopa, isoniazide, metotrexate. Circa il 10% delle cirrosi non ha causa riconoscibile, e perciò si dicono criptogenetiche. E’ possibile che questi casi siano il risultato dell’evoluzione di una steato-epatite non alcolica.